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Cenni Storici



Origine della divozione
A MARIA SS.MA DELLA CATENA

Tratto dal novenario a Maria SS.ma della Catena del 1941

Nell'anno 1390, regnando Martino in sicilia, tre uomini furono condannati a morte, e già dalle guardie si conducevano alle forche poste sopra la grande piazza della Marina di Palermo; se non che, o fosse la loro innocenza, che non di raro a quei tempi, per la inesattezza dei processi veniva confusa colle apparenze delle iniquità, o fosse un qualche loro merito, cognito al cielo e non agli uomini, o fosse alla fine un disegno particolare della Provvidenza, che voleva onorata una immagine di Maria, il fatto si è che furono miracolosamente liberati.
Scortati dalle guardie accompagnati da molto popolo, i tre miserabili uscirono dalla città per andare al luogo della tremenda esecuzione. Ed ecco nel cielo, prima sereno, sorge improvviso una procella tanto fragorosa di pioggia, di vento, di fulmini, che il popolo si dà alla fuga, e le guardie coi tre condannati entrano in una chiesetta chiamata allora Santa Maria del Porto, aspettando che terminasse la procellosa bufera. Ma quella invece continuò imperversando su quelle spiagge con folgori ed acque dirotte, mostrando di non volere cessare anche lungo la notte; sicchè le guardie, per non condurre sotto la procella in città la ferale processione di morte consultato il capitano di giustizia, risolvettero di rimanere in quell'oratorio. Chiuse pertanto e rinforzate le porte, assicurati bene i ceppi e raddoppiate le catene ai prigionieri, si adagiarono, come poterono meglio, gli armati guardiani attorno alle vittime; e volendo o non volendo, per disposizione del cielo, cadettero tutti in un profondo sonno. Ma non dormivano già i tre miseri, sopra i quali più che della notte si aggravava l'ombra della morte. Un pallido lume diradava quelle tenebre quanto bastava a lasciar scorgere sopra l'altare della chiesetta una dolce immagine di Maria.
Ora l'uno ora l'altro dei tre condannati portava lo sguardo languente a quella amabile effigie, che pure pareva che li riguardasse con occhi di compassione. Cogli sguardi si svegliarono gli affetti, una viva fede entra nei loro cuori, e tutti e tre ad un medesimo punto si prostrano ai suoi piedi e la pregano caldamente a volere sciogliere i loro ceppi e liberarli dall'imminente supplizio. Nel forte della loro preghiera , ecco comparire sopra l'immagine uno spendore di paradiso, ed una voce da quella sacra effigie:

Andate nè più temete, perchè il Figliuolo divino ha già acconsentito alla mia intercessione , e vi ha sciolti dalle vostre catene.

In quel medesimo istante cadevano a tutti le catene dalle mani e dai piedi e si trovarono liberi. La porta stessa da sè si aperse, ed essi se ne andarono lieti e tranquilli, lasciando ancor sepolte nel sonno tutte le guardie.
Pieni di fede in quelle parole: nè più temete, non si curarono tampoco di fuggire, ma si trattennero, come se fossero assolti, a passeggiare sicuri per la città, raccontando a tutti le meraviglie che Maria Santissima aveva operato a loro salvezza.
Svegliatesi alfine le guardie, ebbero a tramortire di spavento nel vedere spezzate le catene, aperta la porta, ed i prigionieri fuggiti. Agitati dal timore delle pene e confusi, entrarono nella città, e s'incontrarono nei tre condannati, che se ne stavano lieti e senza alcun timore. Li circondarono e li legarono un'altra volta ben strettamente, felicitandosi di averli ripresi. ma tosto che seppero dai medesimi la narrazione, vollero darne parte al capitano di giustizia, troppo essendo chiaro il miracolo. Fu sospesa l'esecuzione della sentenza, per udire gli ordini regi. Intanto divulgatosi il fatto in Palermo, vi fu un movimento ed una commozione generale. Molti del popolo corsero alla detta chiesa, e la vergine confermò con nuovi prodigi di guarigioni istantanee la prima grazia che aveva a quelli concessa.
Il principe stesso con la Principessa commossi da tanti meravigliosi portenti, liberarono i condannati e discesero a riverire la sacra immagine.
In breve alla piccola cappella fu sostituito un magnifico tempio, che, lasciato il titolo di Santa maria del Porto, prese, a memoria del fatto, il nome di Santa Maria della Catena.
Un antico dipinto esiste ancora nella Chiesa che ne mostra il fatto, ed una iscrizione in versi ne spiega le più minute circostanze.


Le origini: Il sec XVIII
La famiglia Gravina che già possedevano Calatabiano e Piedimonte, acquistarono anche il feudo di Fiumefreddo e nel 1726 Ferdinando Francesco ne ottenne l'investitura, divenendo, oltre che Principe di Palagonia e Barone di Calatabiano, anche Barone di Fiumefreddo. In questa località sorgeva una torre cinquecentesca eretta per la sicurezza delle campagne circostanti e per la salvaguardia delle acque.
E' da questa torre che deriva il nome "Castello" della contrada; essa, secondo alcuni storici, fungeva da abitazione per i Baroni.
Accanto alla torre (distrutta, in parte dal terremoto del 1693), sorgeva una Chiesetta dedicata alla Madonna del Rosario; questo, forse, già a partire dai primi decenni del 1600.
Accanto alla chiesa vi era un cimitero.
Fu grazie alla generosità di Francesco Gravina Crujllas Principe di Palagonia e Barone di Fiumefreddo che il 29 marzo 1762 questa chiesetta fu donata ai fedeli con un Atto di ratipromissione stipulato dal notaio De Franco di Calatabiano con l'Arcivescovo di Messina; questo perché Fiumefreddo dipese dalla Diocesi di Messina fino al 1844 e dopo dalla Diocesi di Acireale.
Nacque così intorno a questa Chiesa la prima Comunità Parrocchiale ed il primo nucleo abitato preludio della nuova cittadina.

I primi sviluppi: Il sec XIX
Nel 1801 Fiumefreddo ottenne l'elezione a Comune e nel 1812 i Giurati vollero, così come era costume, un banco riservato a loro da dove poter assistere alle celebrazioni Sacre nella Chiesa Maria SS. del Rosario (diventata Matrice).
Quando nel 1801 Fiumefreddo divenne Comune, venne scelto come Santo Patrono San Giuseppe.
Sempre ai primi anni del 1800 è possibile far risalire la fondazione della "Confraternita di San Giuseppe" o della "Buona morte".

Gli anni dal 1908 al 1954
Agli inizi del nostro secolo, agli altari già esistenti della Madonna del Rosario, di San Giuseppe e di Santa Lucia, la religiosità popolare ne volle aggiungere un altro dedicato alla Madonna della Catena.
Durante il secondo conflitto mondiale, così come altri edifici di Fiumefreddo, anche la Chiesa di Castello subì danni irrimediabili, infatti l'abside con l'altare maggiore e la pregevole statua della Madonna del Rosario, caddero rovinosamente sotto gli incessanti bombardamenti dell'agosto del 1943. La statua della Madonna che noi oggi possiamo vedere nella Chiesa è stata restaurata successivamente; miracolosamente integro, dopo il bombardamento, è stato ritrovato, sotto le macerie della Chiesa, solo il Bambinello.
Vista l'irrimediabilità dei danni e le crescenti esigenze della comunità si pensò di costruire una nuova e più grande Chiesa. Nel 1950 si passò alla demolizione della vecchia Chiesa e della Torre che ormai fungeva solo da torre campanaria. La statua della Madonna della Catena fu portata in casa del signor Pafumi Salvatore in via Chiesa, la Statua della Madonna del Rosario in casa del signor Caminiti Salvatore in via Marini, la statua di San Giuseppe in casa del signor Vecchio Alfio, il Cristo morto e l'Addolorata in casa del signor Cristina in via Ferrara.
Grazie alla generosità di molti fedeli, si costruì un salone rustico dove poter, provvisoriamente, celebrare le funzioni religiose.
Purtroppo, solo dopo circa venti anni passati tra: promesse, interruzioni dei lavori e con un progetto iniziale notevolmente modificato e mortificato, si poté procedere alla inaugurazione della nuova Chiesa che avvenne il 6 settembre 1969.
Le sole cose rimaste alla Chiesa erano le quattro Statue conservate nelle case dei privati.




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